In Italia, il valore della laurea sembra essere in discussione. Nonostante un titolo accademico possa ancora aprire diverse porte nel mondo del lavoro, la retribuzione che ne consegue non è sempre all’altezza delle aspettative, soprattutto se paragonata a quella dei colleghi che decidono di lavorare all’estero.
Secondo l’ultimo “Rapporto Almalaurea sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati in Italia”, presentato presso l’Università di Trieste, emerge una tendenza preoccupante: i neolaureati sono sempre meno inclini ad accettare offerte di lavoro poco remunerative.
Se da un lato aumentano le assunzioni a tempo indeterminato tra i neolaureati italiani, dall’altro si assiste a una leggera flessione nella percentuale degli occupati per quanto riguarda soprattutto i magistrali a cinque anni dal conseguimento del titolo – segno che la strada verso una piena valorizzazione delle competenze acquisite attraverso gli studi universitari è ancora lunga e tortuosa nel panorama lavorativo italiano.
I neolaureati adesso rifiutano offerte di lavoro troppo basse
La disparità tra i guadagni dei laureati che rimangono in Italia e quelli che si trasferiscono all’estero è notevole. I dati parlano chiaro: mentre un neolaureato magistrale può aspettarsi uno stipendio medio netto di poco meno di 1.400 euro al mese rimanendo nel nostro Paese, chi decide di fare le valigie può arrivare a guadagnare circa 2.174 euro mensili. Questo divario salariale ha indubbiamente un impatto sulla scelta dei giovani riguardo al proprio futuro professionale.
Il rapporto evidenzia come i giovani laureati stiano sviluppando un approccio più selettivo nei confronti del mercato del lavoro rispetto al passato. Alla domanda su una possibile accettazione di uno stipendio mensile pari a 1.250 euro, quasi il 60% dei laureati triennali e il 66% dei magistrali hanno risposto negativamente, segnando un aumento significativo rispetto agli anni precedenti. Questa tendenza riflette una crescente consapevolezza del proprio valore sul mercato da parte dei giovani laureati.
Nonostante gli stipendi nominali siano aumentati negli ultimi anni, l’inflazione ha eroso gran parte di questi incrementi salariali, lasciando i lavoratori con una capacità d’acquisto effettivamente ridotta. Questa situazione ha contribuito alla frustrazione tra i neolaureati che vedono diminuire il potere d’acquisto della loro retribuzione in termini reali.
Un altro dato interessante emerso dal rapporto Almalaurea riguarda la disponibilità ad accettare lavori non coerenti con il proprio percorso formativo: anche se la maggioranza si dichiarerebbe ancora disponibile a tale compromesso (76,9% per i triennali e 73% per i magistrali), si registra comunque un calo rispetto agli anni precedenti. Ciò indica una crescente ricerca da parte dei laureati di posizioni lavorative più in linea con le proprie aspirazioni e competenze acquisite durante gli studi.