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Diffrazione e Megapixel

Disquisizioni sul “limite diffrattivo” al fine di motivare dubbi sull’aumento indiscriminato di Megapixel.

Il discorso si fa ciclico alle presentazioni di nuovi modelli che incrementano la densità del sensore e la 550D, dall’alto dei suoi 18MP distribuiti su un sensore APS-C, non ha fatto eccezione. In questa pagina voglio spiegare come, almeno da questo punto di vista, il problema non sussista.

Innanzitutto chiariamo cosa sia: il fenomeno della diffrazione consiste in una dispersione di un’onda che avviene quando essa attraversa un’ostacolo, come una strozzatura o un cambio di materiale. Ad esempio l’arcobaleno è dovuto raggi solari che vengono deflessi a causa delle gocce d’acqua piovana a diversi angoli a seconda della lunghezza d’onda, formando la familiare sequenza di colori, e per lo stesso si osserva l’arcobaleno che riflettono i CD se messi in controluce. Non solo la luce subisce questo effetto, qualsiasi onda comprese le onde del mare o quelle sonore.

Questo effetto ha particolare rilevanza in fotografia a proposito dell’attraversamento del diaframma da parte della luce: dovendo attraversare una strozzatura la luce viene diffusa in modo tanto più pronunciato quanto più è stretta la fenditura, un po’ come quando tappate un idrante con il pollice per ottenere uno spruzzo largo e fine piuttosto che un getto diretto. L’immagine di un oggetto puntiforme risulterà, dopo l’attraversamento del diaframma, un disco, a causa della diffrazione. Questo disco è chiamato “Disco di Airy” e pone una seria ipoteca sulla capacità di risolvenza di una macchina fotografica, in particolar modo digitale a sensore ridotto (volgarmente chiamate “compatte”), dato l’elevato numero di pixel degli ultimi modelli. Difatti se due oggetti molto vicini vengono diffratti formando dei dischi molto più larghi della distanza fra di loro, i due oggetti saranno indistinguibili nella fotografia apparendo un unico, grande, disco. Questo consiste in un grosso limite nell’astronomia che difatti è costretta a ricorrere a telescopi di diametro enorme (i più grandi arrivano a 10m di diametro) al fine di poter risolvere agglomerati di oggetti spaziali.

Il limite di diffrazione

La diffrazione determina un tetto oltre al quale lo strumento non può guadagnare in risolvenza/nitidezza, un sistema ottico che riesce a risolvere fino a tale limite (denominato “limite diffrattivo”)  viene chiamato “diffraction limited”.

Tale limite è determinato, nel caso di apertura circolare, principalmente dalle dimensioni del disco di Airy, il cui diametro è direttamente proporzionale alla lunghezza d’onda della radiazione (ovvero, per la radiazione visibile, dal colore) e alla distanza dal piano focale, ed inversamente proporzionale al diametro dell’apertura. Ovvero, dato che il rapporto fra focale e diametro del diaframma definisce gli f-stop con cui si misura l’apertura, il diametro di tale disco è tanto più grande quanto più è grande il numero di f-stop.

diffrazione megapixel
Fenomeni di diffrazione – Phme.it

Questo vale indistintamente per tutti gli obiettivi a tutte le focali, trascurando effetti di ordine superiore che, alle risoluzioni attuali, sono praticamente ininfluenti nel caso fotografico (cerchi di secondo ordine oltre al disco di Airy, forma del diaframma…etc…). Alcuni obiettivi (specialmente i Macro, dove l’utilizzo di diaframmi molto chiusi è abituale) potranno avere una migliore gestione dei raggi diffratti rispetto ad obiettivi che non si prefiggono tale scopo ma sempre e comunque mai superando la risoluzione imposta dal limite diffrattivo (se non utilizzando esotici metamateriali, di cui magari parlerò un’altra volta). Per valutare quantiativamente le dimensioni disco di Airy nel caso fotografico è sufficiente moltiplicare il diaframma misurato in f-stop per 0.8 (ovvero l’80% del numero f) per ottenere il diametro del disco misurato in micrometri da confrontare con la dimensione dei pixel (altrimenti chiamata pixel-pitch) della vostra fotocamera digitale.

La sovrapposizione dei dischi di Airy di due oggetti puntiformi affiancati determina l’impossibilità di risolverli. In figura le immagini dei dischi di Airy a diverse aperture e come essi vengono interpretati da un sensore con densità di 18 Megapixel su APS-C (Canon) trascurando effetti di mosaico dovuti a Matrici Filtro Colore.

Un ultimo appunto importante che voglio fare riguarda i sensori. Per registrare un pixel di immagine è necessario disporre di informazioni lungo tutte e 3 le componenti di colore (Red-Green-Blue), quindi un pixel d’immagine dovrà essere determinato in realtà dall’utilizzo di almeno 3 fotositi, ovvero transistor che registrano la luce di una specifica componente di colore. Per ovviare al problema sensori la stragrande maggioranza (unica eccezione a me nota sono i sensori Sigma Foveon) macchine fotografiche digitali utilizzano una Matrice Filtro Colore (Color Filter Array), di cui lo schema più di successo è il Filtro di Bayer, che campionano i colori seguendo uno schema e poi interpolano le informazioni per ottenere un’immagine.

Una macchina fotografica a 10 Megapixel quindi avrà 10 milioni di fotositi di cui, nel caso del filtro di Bayer, 2.5 milioni filtranti il rosso, 2.5 milioni filtranti il blu e 5 milioni filtranti il verde, l’informazione verrà poi ricampionata per ottenere un’immagine a 10 megapixel attraverso un algoritmo chiamato “De-mosaicizzazione”, che ha il compito di estrapolare dalla struttura a moisaico di colori del sensore l’informazione originale dell’immagine. L’informazione spaziale a proposito dell’immagine quindi non risiede in un singolo pixel del sensore, ma in un gruppetto di 4 pixel e il disco di Airy dovrà avere un diametro superiore al doppio del lato di un singolo pixel per poter davvero deteriorare l’immagine finale. Quindi molte disquisizioni su diversi forum che suppongono che ogni pixel del sensore abbia risoluzione spaziale sono errate alla base, per questo e per altri motivi (filtro Anti Aliasing). In realtà siamo ancora piuttosto lontani, ad avere strumenti diffraction limited a tutta apertura: con le assunzioni fatte in precedenza, servirebbero 80 Megapixel su APS-C e 200 su Full Frame per arrivare al limite diffrattivo a F/5.6

Come si pone quindi un aumento dei megapixel che nelle macchine odierne è spinto al punto di arrivare alla soglia di questo limite?

Considerando il caso di un disco di Airy dal diametro inferiore rispetto alle dimensioni di un singolo pixel, un oggetto puntiforme comporrà un immagine in cui occupa da un singolo pixel. Ad esempio il caso di una Canon 5D o Nikon D700/D3 che con 12 Megapixel su formato pieno ha pixel di lato 8.5 micrometri, che è la dimensione del disco di Airy generato a F/11, utilizzata a F/11 (ricordo il precedente discorso sul filtro di Bayer: il cerchio deve avere diametro doppio rispetto al lato dei pixel per degradare la risoluzione). A destra un’immagine esemplificativa che rappresenta il disco di Airy iscritto in un pixel (o meglio, in un gruppetto di 4); passando sull’immagine col mouse la rappresentazione di come il sensore interpreta l’immagine.

Se invece prendiamo in esame il caso in cui il disco di Airy abbia un diametro superiore alle dimensioni di un pixel non è possibile risolvere due oggetti puntiformi che focalizzino l’immagine su due pixel adiacenti.Per questo motivo un sistema ottico che raggiunga queste specifiche spesso viene indicato come “Diffraction Limited” da molti autorevoli riviste e siti, prendendo le mosse dal “Criterio di Reyleigh”. Ad esempio la 7D e la 550D, con 18 Megapixel su APS-C hanno pixel pitch di 4.3 micrometri, quindi di dimensioni leggermente inferiori del disco che attraversa una apertura F/5.6, saranno “diffraction limited” oltre F/11.

Infine consideriamo il caso in cui il disco di Airy abbia un diametro di gran lunga superiore rispetto al lato dei pixel. Come nel caso di nuove compatte (come le nuovissime powershot) in cui si ammassano 14 Megapixel su sensori 1/2.3″ portando a pixel di lato 1.3 micrometri, il disco generato da un diaframma a F/11 coprirebbe un quadrato di oltre 6 fotositi per lato.

Quindi, chiarito che siamo ancora lontani dai livelli catastrofici descritti un po’ ovunque nella rete e le densità attuali possono essere ancora incrementate senza troppa paura nel fenomeno della diffrazione, sebbene l’incremento di megapixel oltre al limite diffrattivo non garantisca un miglioramento nella risoluzione, (per intenderci: i tanto amati MTF rimarrebbero uguali) ed impasti il crop 100% oltre il guardabile, l’immagine complessiva non può che trarne giovamento garantendo una riproduzione più accurata dei passaggi cromatici.

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