Sia il prossimo mese o il prossimo anno o quello dopo, al popolo italiano verrà chiesto se vorrà o meno le centrali nucleari sul territorio.
La scelta, per essere fatta consapevolmente, deve essere una valutazione accurata dei pro e contro a breve, medio e lungo termine che tale scelta comporta (difatti lo stesso termine scegliere deriva da ex-legere: ovvero leggere diviso, una cosa per volta, valutando opportunamente).
Negli ultimi tempi il teatrino mediatico/politico ha imbastito discussioni per (dis)informare, in cui raramente si è messa sul piatto della competenza tecnica che fornisse davvero gli elementi per decidere autonomamente e quanto più possibile consapevolmente di questo specifico argomento, quanto piuttosto gli esperti piccoli piccoli, asserviti a priori alle idee di qualche parte politica, urlavano la loro parte di verità. A molti sono rimasti dubbi e incertezze: questo tipo di discussioni ha il vizio di non basare la conoscenza su solidi e assodati presupposti scientifici per poi affrontare adeguatamente armati il campo delle opinioni personali, al contrario fonda il suo essere sulle opinioni personali, ignorando completamente la base scientifica e tecnologica.
Lista di Frequently Asked Questions
Lo scopo è porre rimedio, affrontando le tematiche riguardanti dall’energia nucleare da un punto di vista il più possibile tecnico, ma al contempo comprensibile, in modo che autonomamente si possa costruire una opinione ragionata consapevole. Le domande sono per quanto possibile trattate in modo obiettivo e senza considerazioni personali di alcun genere, con fonti si potranno leggere ed esaminare affinché il lettore approfondisca e verifichi l’argomentazione della risposta.
Solitamente le risposte sono suddivise in una trattazione più estesa e una sintetizzazione estrema, in modo da poter approfondire maggiormente le voci che interessano senza trascurare completamente le altre.
Come funziona una centrale Nucleare?
Risposta breve
Risposta lunga
Data una fonte calda, questa scalda un liquido (di solito acqua), che assorbe molta energia, l’energia accumulata liquido caldo (che a volte si vaporizza) va poi a far muovere una turbina che è collegata ad un generatore elettrico (assimilabile ad una dinamo di una bicicletta in formato gigante) che genera energia elettrica. Il liquido caldo (a volte vapore), ora scarico di energia, viene quindi raffreddato (nel caso in cui fosse sotto forma di vapore viene condensato) passando a contatto con altro liquidi a temperatura più bassa e viene rimesso in circolo per ricominciare il ciclo termico, questo è il funzionamento di ogni macchina termica. L’unica differenza fra la differenti centrali di tipo termico è nella fonte calda della centrale che, nel caso nucleare, è data dall’energia di fissione dell’uranio. Rispetto alle centrali definite “termoelettriche” in cui il calore è fornito bruciando del combustibile la fissione dell’uranio fornisce molta più energia: bruciare combustibile rompe legami atomici e molecolari, fissionare atomi rompe legami nucleari milioni di volte più energetici (per comprendere meglio questo passaggio
Si possono poi ad esempio dividere le centrali nucleari moderne in due principali tipologie, una è quella BWR che assomiglia di più ad una termica normale; la seconda, il PWR, si differenzia leggermente. Nei reattori BWR (Boiling Water Reactor) l’acqua nel circuito primario del reattore cambia di stato e passa ad essere vapore acqueo, questo va a finire direttamente nella turbina e dopo essere stato raffreddato e condensato viene reimmesso nel reattore. Nei reattori PWR (Pressurized Water Reactor) l’acqua nel circuito primario del reattore viene mantenuta ad elevata pressione, così anche a temperature superiori ai 300°C rimanga allo stato liquido; per arrivare alla turbina si deve passare da uno scambiatore di calore (generatore di vapore) in cui l’acqua ad alta temperatura ed in pressione scambia il calore con dell’altra acqua che si trasforma in vapore che va alla turbina. L’acqua dal generatore di vapore ritorna al reattore dove si scalda nuovamente e quella dalle turbine ritorna poi ai generatori di vapore, il ciclo quindi ricomincia.
Cos’è la dose?
Risposta breve
Risposta lunga
La differenza risiede nell’interazione della radiazione con la materia: l’effetto biologico delle radiazioni è indurre mutazioni nelle cellule, aumentando il rischio dell’induzione di un tumore a distanza di generazioni (quindi anni), rompendo i legami del DNA. I raggi gamma trapassano facilmente la materia, quindi è molto raro che inducano la rottura diretta o indiretta della doppia elica di DNA, le particelle alfa invece interagiscono lungo una traccia, come un treno che distrugge ciò che incontra sui binari, e quindi rende tali doppie rotture molto più probabili. D’altro canto le particelle alfa a bassa energia si fermeranno prevalentemente sull’epitelio (lo strato più superficiale di pelle, composto da cellule morte), non inducendo quasi nessun effetto. La stessa dose di particelle alfa della stessa energia inalata o ingerita (quindi inglobata in punti sensibili dell’organismo) ha invece un effetto decisamente più rilevante.
Da qui la stessa dose di raggi gamma e raggi alfa determina due effetti biologici molto diversi, dipendenti anche dall’energia della radiazione, dalle cellule coinvolte e da altri parametri. Determinare gli effetti della radiazione sugli organismi è un compito tutt’altro che banale, un intera branca scientifica, la radiobiologia, è dedita alla previsione di tali effetti.L’unità di misura del Gray o del Sievert rappresenta una dose enorme: poche persone al mondo hanno subito dosi nell’ordine del Sv, ovvero un numero di persone dell’ordine di grandezza delle centinaia prevalentemente composte da scienziati e tecnici nucleari coinvolti in incidenti e alcuni pompieri intervenuti a Chernobyl.
La dose ambientale è di circa 2-3mSv/y, cioè mediamente in un anno da ogni persona vengono assorbiti 2-3 millesimi di Sievert provenienti dalle più disparate fonti (vedi domanda sulla dose ambientale).
Che vantaggi politici avrebbe l’Italia dall’adozione di energia nucleare?
Risposta breve
Risposta lunga
Diversi sono i vantaggi economici, diretti o indiretti, che l’adozione di tale fonte potrebbe comportare per il paese. Dal contenimento dei costi al rilancio dell’industria Hi-Tech e della ricerca, tuttavia in questa risposta vogliamo concentrarci nel descrivere una lampante necessità geopolitica: l’Italia ha bisogno di diversificare le sue fonti di approvvigionamento. Il fabbisogno energetico della nostra nazione infatti è completamente vincolato da importazioni estere: la dipendenza energetica era dell’87% nel 2008 (sono messi peggio di noi in Europa solo alcuni piccoli stati) ed è destinata ad aumentare ulteriormente con l’esaurirsi degli esigui giacimenti di gas e petrolio nazionali.L’Italia ha poi bisogno di aumentare notevolmente le sue fonti di elettro produzione carbonfree, per combattere l’effetto serra e rispettare il protocollo di Kyoto. Se l’Italia avesse la popolazione norvegese e le sue risorse idriche, il nucleare risulterebbe assolutamente superfluo, ma così non è.
Essendo l’Italia il paese industrializzato con la massima dipendenza estera per l’approvvigionamento energetico, il nucleare è quindi utile per dare una maggiore sicurezza di approvvigionamenti (ad esempio, contro una nuova crisi energetica ucraina o contro risvolti negativi dell’attuale conflitto libico). Infatti, benché l’Italia non possegga miniere di uranio attive e non si sappia quanto uranio sia economicamente estraibile nel territorio nazionale, il suo acquisto è a rischio geopolitico di approvvigionamento molto basso (soprattutto dopo la creazione della prima banca mondiale dell’uranio), stoccare uranio per un lungo periodo di funzionamento di una centrale nucleare richiede molto poco spazio, una piscina di una centrale nucleare (si può immaginare dell’ordine di grandezza di una piscina olimpica, ma con una profondità molto maggiore), riesce a contenere combustibile per molti cicli di funzionamento; essendo poi le centrali moderne a burnup molto elevato e quindi cicli di funzionamento molto lunghi, questo consente di avere stoccato combustibile per molti anni di funzionamento in un volume molto piccolo, al contrario della richiesta di spazio per una centrale a gas o a carbone. La Cina sta ad esempio acquistando notevoli quantità di uranio sul mercato per sopperire al suo futuro grande fabbisogno uranifero e per una maggiore sicurezza energetica. Nella pratica si mantiene combustibile solo per il ciclo successivo, perché possono intercorrere altri requisiti per il reattore (ciclo molto lungo con burnup non uniforme può richiedere che alcuni elementi abbiano arricchimenti leggermente differenti da quanto preventivamente ipotizzato), o nuove normative sul combustibile possono richiedere nuove specifiche per i cicli successivi.
Al contrario, è impossibile stoccare combustibile per più di qualche giorno o settimana per qualsiasi centrale a combustibili fossili di taglia medio-grande, con quindi rischi geopolitici di approvvigionamento energetico molto maggiori, soprattutto per l’Italia, che è estremamente sbilanciata verso il consumo di metano da importazione, con cui produce sia riscaldamento invernale che elettricità durante tutto l’anno.
Come può l’Italia ospitare in sicurezza centrali nucleari se è un paese sismico?
Risposta breve
Risposta lunga
L’Italia è un paese molto variegato, non è ascrivibile ad un solo aggettivo, quindi dire che l’Italia è un paese sismico è corretto e sbagliato allo stesso tempo: gran parte del territorio italiano è sismico, ma altre vaste zone a ridottissimo rischio di eventi sismici (praticamente tutta la val padana per dare l’esempio più evidente), allo stesso modo l’Italia è un paese ad elevato rischio di dissesto idrogeologico, ma esistono zone di grande estensione che sono desertiche o semidesertiche o a scarse precipitazioni (come zone della Sardegna e la maremma). La definizione generalista non può quindi essere presa a modello sia dei particolarismi geomorfilogici, così come sociali (ricordare le minoranze albanesi nel meridione, le ladine in Friuli e le tedesche in trentino).
Allo stesso modo il Giappone è un paese sismico, ma anche in Giappone esistono zone senza o con scarsi rischi di terremoti, ed in Giappone sono in funzione oltre 50 reattori e molti altri sono in costruzione o stanno per iniziarne i lavori: si può vedere che l’Italia è contrassegnata con il colore arancio, il Giappone invece ha vastissime zone colorate di rosso. Si può fare lo stesso ragionamento per gli stati occidentali degli USA, dove sono in funzione 7 reattori .
Si deve poi tenere presente che una qualsiasi costruzione di nuovi reattori nucleari deve tenere conto di svariati parametri costruttivi, come anche protezioni contro i terremoti (come gli smorzatori sismici, per dire lo strumento più usato), che permettono di costruire con sicurezza in molte più aree del paese. Si può prendere ad esempio il caso del terremoto Chūetsu in Giappone (6.6 gradi sulla scala Richter, quello dell’Aquila è stato di 5.8 gradi; da ricordare che la scala è logaritmica a base 10, ogni grado è 10 volte più potente di quello precedente), questo ha colpito in molto significativo la più potente centrale nucleare giapponese e del mondo, la centrale di Kashiwazaki-Kariwa; questa centrale sorge a pochissimi km dall’epicentro di quel terremoto. Durante il sisma alcuni reattori erano spenti per controlli e ricarica del combustibile, altri invece erano in funzione e sono stati spenti per controllare tutti gli apparati. Dal terremoto sono ripartiti 4 dei 7 reattori, infatti la centrale ha subito notevoli modifiche per migliorare le sicurezze in caso di sisma, ma non è accaduto nessun incidente grave e la chiusura dell’impianto è stata solo per i lunghi controlli e per gli aggiornamenti dei sistemi di sicurezza.
Per le cause che hanno portato all’incidente di Fukushima è ancora presto per dire quale è la causa principale del danno. Dalle notizie certe che si possono avere al momento della stesura di questo compendio, il terremoto non ha provocato danni ai 14 reattori nucleari principalmente coinvolti, che si sono tutti spenti automaticamente senza problemi. Per l’impianto di Fukushima Daiichi i problemi sono stati causati dall’onda di tsunami, valutata alta 14m, che si è infranta contro l’impianto e che ha compromesso i sistemi di sicurezza attivi (Cf. domanda “Cosa indica la suddivisione in generazioni dei reattori?” per maggiori informazioni). L’impianto di Fukushima Daini, a soli 10km dall’impianto gemello, non ha avuto problematiche di rilievo a seguito dell’evento sismico.
Quindi l’Italia è un paese sismico, ma non è TUTTO sismico, come sulle alpi è concentrata la produzione idroelettrica italiana, allo stesso modo in ristrette zone del territorio italiano potranno essere costruite in tutta sicurezza le future centrali nucleari, visto che ogni luogo ha le sue caratteristiche e differenti possibilità di installazione per impianti energetici o industriali. Le stesse centrali idroelettriche possono indurre incidenti catastrofici se colpiti da sismi di discreta entità, ma sono costruite con accorgimenti ed in zone specifiche al fine di ridurre tale rischio.
Se avessimo delle centrali funzionanti in Italia, le radiazioni assorbite dagli abitanti della penisola superebbero le dosi attuali?
Risposta breve
Risposta lunga
Per un abitante europeo i contributi della dose naturale (vedi domanda cos’è la dose) assommano in media a 2-3mSv annui, con oscillazioni comprese fra 1.2 e 4.6 mSv per il 95% della popolazione, provenienti da fonti naturali: generalmente inalazione di Radon, ingestione di radionuclidi dal cibo e contributo dei raggi cosmici e di altri radionuclidi presenti nei materiali che ci circondano. Questo contributo varia molto a seconda degli usi e costumi locali, ad esempio case in legno e maggiormente ventilate trattengono meno Radon al loro interno, e dalla locazione geografica che può essere più o meno ricca di radionuclidi naturali o più ad alta quota, dove i raggi cosmici sono meno schermati dall’atmosfera.Le cure mediche sono un’altra fonte di radiazioni ionizzanti a cui l’uomo moderno è sottoposto, che varia da 0.1 mSv di una piccola radiografia ai 20mSv o oltre di un trattamento radioterapeutico, e sono stimabili in media come 0.5mSv annui per abitante, così come altri contributi provenienti dal luogo di lavoro o dalle abitudini personali (i già citati viaggi aerei ad esempio).
Anche il fallout radioattivo dei test nucleari passati e dell’incidente di Chernobyl contribuisce alla dose annua, tuttavia decadendo sensibilmente di anno in anno nel 2010 costituiscono oramai una piccola frazione della dose totale assorbita, ovvero circa a 0.01 mSv annui a persona. Lo stesso studio riferisce, nei dintorni delle centrali, contributi dello stesso ordine (0.01mSv) provenienti dagli impianti, con picchi di 0.02 mSv annui in alcuni impianti, mentre esternamente ad altri impianti non vi è alcun misurabile contributo alla radiazione di fondo naturale (e quindi una dose inferiore a 0.0001mSv/y a persona).
Quindi, in luce di queste misure, le centrali nucleari, come ogni impianto che maneggia e utilizza radionuclidi, diffondono radiazioni nell’ambiente, tuttavia, grazie agli assidui controlli, queste radiazioni sono decisamente inferiore rispetto al contributo naturale e quello proveniente dalle altre attività umane.
Addirittura, a rigore scientifico, parlando di contributi alla dose annua assorbita da una persona le centrali nucleari non dovrebbero neppure venire citate: se si costruisce un tavolo con una precisione centimetrica non ha senso utilizzare strumenti che misurano contributi nell’ordine di decimi di millimetro, allo stesso modo considerando la dose totale assorbita annualmente da una persona, che ha fluttuazioni nell’ordine del mSv, non ha senso contemplare effetti centinaia di volte più flebili.
Cosa indica la suddivisione in generazioni dei reattori?
Risposta breve
Risposta lunga
Quanto tempo ci vuole per costruire una centrale nucleare?
Risposta unica
Quanti incidenti nucleari ci sono al mondo? L’energia nucleare è la fonte energetica che registra più vittime?
Risposta Breve
C’è rischio di proliferazione nucleare a partire da reattori nucleari per la generazione di energia elettrica?
Risposta breve
No, non c’è un considerevole rischio di proliferazione di ordigni nucleari funzionanti tramite l’uso di reattori commerciali per la produzione di energia elettrica. La composizione del plutonio uscente da un reattore nucleare non è adatta per la produzione di ordigni nucleari a scopo bellico. Invece il combustibile esausto e le scorie ad elevata attività possono essere utilizzate per la produzione di “bombe sporche”: ordigni convenzionali con lo scopo unico di provocare contaminazione radioattiva. Tuttavia tale eventualità, al momento, è ben più probabile con rifiuti di origine ospedaliera dato le stringenti norme di sicurezza della filiera nucleare rispetto a quelle sanitarie.
Per produrre plutonio “weapons grade” si devono quindi utilizzare reattori appositamente studiati per mantenere burnup bassi e per essere “scaricati” in funzione (quali ad esempio i reattori di tipologia RBMK, CANDU ed i Magnox per citare quelli più “presenti sul mercato”), infatti i normali reattori PWR e BWR devono essere spenti per poter sostituire il combustibile.
Quindi data la scarsa qualità di plutonio proveniente da un normale reattore, vi sarebbero enormi rischi e difficoltà relativi alla fabbricazione di un ordigno siffatto e alte probabilità che la detonazione non avvenga come previsto, a fronte di una grande quantità di materiale necessario (almeno tutti gli scarti di un intero ciclo, il che implica libero accesso alle scorte). Tuttavia la probabilità di detonazione prevista, anche con Plutonio di bassa qualità, non è trascurabile (~10%), ed in ogni caso anche una detonazione parziale potrebbe avere effetti simili a quelle di centinaia di tonnellate di esplosivo convenzionale (abbastanza per radere al suolo un piccolo quartiere). Questa impresa, date le difficoltà sovradescritte, non è alla portata di un gruppo terroristico ma necessita della struttura scientifica e produttiva di una nazione per essere compiuta, che però ha altri sistemi più efficienti e meno vistosi per la produzione di Plutonio o Uranio weapon-grade, come ultracentrifugazione a catena: non ha senso che una nazione investa soldi, specializzazione tecnologica e reputazione diplomatica in un ordigno di scarsa potenza (verosimilmente circa la metà del “Fat Man” che colpì Nagasaki) e che ha solo il 10% di probabilità di funzionare correttamente (quindi inutile a scopo bellico).Attualmente gli impianti nucleari vengono utilizzati per riciclare l’Uranio delle testate nucleari ed agevolare il disarmo. Sono anche in costruzione un impianti per il recupero del Plutonio e la fabbricazione di combustibile MOX
Quanto costa una centrale nucleare moderna (costruita in europa o in america)?
Risposta breve
È difficile dare una stima del costo di una centrale nucleare, questo costo può subire moltissime variazioni a seconda della tecnologia utilizzata, del numero di reattori per ogni centrale, del numero di reattori totali da costruire per ogni nazione che, sottostando a differenti agenzie per la sicurezza nucleari, sottostanno a regolamenti ed autorizzazioni differenti e che possono causare aumenti dei costi di installazione o dilazioni nei tempi di approvazione dei progetti, è il caso ad esempio dei reattori AP1000 o EPR che sono già stati approvati da alcune agenzie nucleari mentre altre vogliono altre documentazioni per rilasciare le autorizzazioni per la costruzione. Anche il numero di tecnologie utilizzate per ogni nazione influisce sul costo di ogni singolo reattore, per il fattore delle economie di scala.Un caso emblematico si può considerare quello finlandese e poi quello cinese, anche se per due filiere differenti di reattori. In Finlandia si sta costruendo il primo reattore di tipologia EPR al mondo, essendo in pratica il prototipo della sua tipologia, sono occorse in corso d’opera numerose modifiche per quanto riguarda ogni aspetto costruttivo. L’agenzia nucleare finlandese poi ha richiesto numerose modifiche del progetto originario e ha richiesto certificazioni successive a quelle richieste nelle prime fasi costruttive. Queste modifiche hanno richiesto quindi un allungamento dei tempi e dei costi; si può aggiungere che essendo al tempo il solo reattore in costruzione, tutti i costi di sviluppo e le modifiche si sono inizialmente scaricate su quell’unico reattore.
In Cina invece è in corso di costruzione un gigantesco programma nucleare civile di elettro produzione, in questo programma sono in costruzione decine di reattori e sono in fase di approvazione o sviluppo oltre 100 altri reattori, in questo modo tutti i costi sono diminuiti. Nelle centrali nucleari cinesi, ci sono al minimo 4 reattori per ogni impianto, questo permette di abbattere notevolmente i costi di costruzione e si assicura una domanda di materiali e manovalanza costante per un lungo periodo. Utilizzando tecnologie rodate (al momento sono in costruzione circa 25 reattori, prevalentemente CPR1000 e AP1000) si diminuiscono anche i costi di sviluppo e di approvazione per le stesse, visto che una tipologia approvata può essere costruita in qualsiasi luogo del paese. Anche per questo, per i reattori CPR1000, i costi di installazione risultano essere a meno di 2 miliardi $ per reattore, con previsioni di scendere fino a quasi 1.5miliardi$ per reattore, con notevolissime economie di scala e risparmi in fase costruttiva ed economicità dell’energia prodotta.
Un ultimo parametro che contribuisce in modo sostanziale ai costi per la costruzione di una centrale nucleare viene chiamato “costo del denaro”. Questa formula che può apparire paradossale comprende il costo dell’operazione finanziaria necessaria all’accumulo di denaro occorrente per la costruzione della centrale. Dovendo passare attraverso gli istituti bancari e assicurativi per operazioni di tale rilevanza gli interessi maturati sugli investimenti necessari consistono in un contributo a doppia cifra, anche se difficilmente stimabile, situato fra il 30 e il 50 % del costo complessivo dell’impianto a seconda dei tassi di interesse applicati e del tempo di costruzione. Tale rilevante contributo può essere ridotto accelerando i tempi di costruzione dell’impianto e sovvenzionando statalmente tassi di interesse ridotti.
Nel 2008 Georgia Power ha stimato i costi della costruzione del suo impianto a doppio reattore da 2.2GW complessivi (costo impianto + interessi) variabile dai 10 ai 14 miliardi di dollari a seconda del tipo di dilazione del finanziamento concessa.
Quali nazioni prospettano di produrre energia nucleare nei prossimi anni?
Risposta Unica
Nel mondo sono molte le nazioni che prospettano di produrre elettricità da fonte nucleare nei prossimi anni. Fra le nazioni che hanno avuto maggior rilievo sulla stampa c’è l’Iran, che si vuole dotare di reattori nucleari civili per aumentare la sua quota di gas per l’esportazione, visto che il gas è diventato negli ultimi anni la fonte di gran lunga preponderante per l’elettrogenerazione iraniana. Questa parte del programma nucleare iraniano è sotto l’egida dell’IAEA e non vertono preoccupazioni per la proliferazione nucleare da elettroproduzione iraniana. Altra nazione sono gli emirati arabi, dove all’inizio del 2010 è stato firmato un contratto per la fornitura di 4 reattori di tipologia APR1400 coreani, la nazione è destinata a diventare per la metà del decennio il primo paese arabo con centrali nucleari commerciali.Fra i principali programmi per nuova elettrogenerazione si possono poi ricordare quello turco, quello vietnamita, quello italiano e quello polacco: che prospettano la costruzione di oltre 5GW di potenza nucleare ognuno nei prossimi anni, per sopperire all’aumento della domanda e diminuire le importazioni di combustibili fossili (o diminuire anche le emissioni di CO2 nei casi dell’Italia e della Polonia, avendo quest’ultima le più grandi riserve europee di carbone e producendo elettricità quasi solo da questa fonte)
Quanto uranio c’è nel mondo e per quanto durerà?
Risposta breve
Risposta lunga
In questa trattazione non sono stati presi in considerazione i reattori autofertilizzanti, principalmente perchè molto poco utilizzati a livello mondiale, essendone al 2010 in funzione solo uno, presso la Centrale nucleare di Beloyarsk in Russia; tuttavia altri due sono in costruzione: uno sempre alla centrale di Beloyarsk ed uno presso la Centrale nucleare di Kalpakkam in India; infine altri 8 sono pianificati (2 in Russia, sempre presso Beloyarsk, 2 in India sempre presso Kalpakkam e 4 in Cina presso la futura centrale di Sanming, dello stesso modello del reattore ora in costruzione in Russia). Il riutilizzo del combustibile dopo riprocessamento (si può paragonare al comune riciclo della spazzatura) aumenta la durata effettiva delle riserve di uranio, i reattori autofertilizzanti invece convertono in combustibile tutto l’uranio, mentre oggi viene utilizzata solo una minima frazione del potere energetico totale.
In futuro il centinaio di anni di riserve da un lato si ridurrà a causa dell’aumento della domanda a seguito della costruzione di nuovi reattori (circa 60 ora in costruzione) dall’altro la scoperta di nuovi giacimenti ed il progresso tecnico promettono di incrementare moltissimo la sostenibilità a lungo termine delle riserve uranifere mondiali (possiamo solo speculare la tecnologia mineraria e nucleare del 2100).
A causa della grande mutevolezza degli scenari sia politici (cambiamenti di strategia energetica) che minerari (trovare nuovi giacimenti e perfezionare i metodi estrattivi) che tecnologici (reattori di IV gen e/o massiccio utilizzo di reattori autofertilizzanti) e di fonte energetica (passare ad utilizzare o solo torio o miscele di torio-uranio o passare alla fusione termonucleare controllata) è difficile stimare quanto dureranno le riserve di Uranio tenendo conto di questi imprevedibili fattori futuri, tuttavia sicuramente le prospettive non sono cupe: le riserve sono abbondanti e c’è molto spazio per migliorare, cosa che dovrebbe garantire la convenienza dell’estrazione dell’uranio per i prossimi decenni.